Le parole di questa domenica sono: “Beati voi … Ma guai a voi …”.
Il famoso discorso della montagna di Luca (4 beatitudini), più breve di quello di Matteo (9 beatitudini), ha però la peculiarità della contrapposizione antinomica. Cioè, descrive le prime tre molto concretamente e sociologicamente categorizzate, inserite cioè in possibili problematiche che gli uomini di tutti i tempi e di tutte le latitudini.
La quarta è invece ristretta alla cultura cristiana. Esse affrontano il problema della fame, della povertà, della felicità che sono desideri eminentemente trasversali, mentre la quarta posa l’accento sulla fede in Gesù.
Quelle di Matteo sono contenute in un elenco che affronta altri temi più concettuali: gli afflitti, i miti, la fame e sete di giustizia, i misericordiosi, i puri di cuore, gli operatori di pace, i perseguitati a causa della giustizia; mentre la nona è simile alla quarta di Luca, poiché ha la stessa definizione, causa e soluzione, cioè il punto di partenza e quello di arrivo completano, in ogni affermazione, il percorso di fede.
Ma nella sua interpretazione delle beatitudini Luca, invece, contrappone le sue ad altrettante maledizioni che Gesù associa: così al “Beati voi” vi è quel “Guai a voi” che suona minaccioso come una condanna senza appello.
È una lettura più ‘biblica’ che richiama alla legge del taglione, ribaltando la soluzione della beatitudine come causa della maledizione. Al di là dei diversi destinatari dei due vangeli, è interessante notare come, non solo Gesù parli di bene, ma descriva assai bene anche il male.
Ad oggi il Vangelo di Luca mi sembra più attinente al nostro mondo e al modo di leggere la vita. Nel nostro mondo occidentale, infatti, siamo altamente saziati dalla nostra condotta di vita, anche se tutto questo, invece che essere rassicurante, è causa della nostra indifferenza per gli altri mondi (il terzo e il quarto), là dove invece la promessa di beatitudine sembra più coerente come le problematiche che le persone vivono.
Ora ciò dovrebbe preoccuparci molto tale lettura perché l’essere cristiani non è una giustificazione valida del benessere di cui godiamo, se il nostro mondo è la causa della fame della povertà, dell’oppressione, per la pseudo felicità nella quale viviamo. È l’indifferenza il nostro peccato: l’aver fatto propria la distanza narcotizzante, che cioè non ci crea dolore per il male nel quale vivono gli altri.
Prendiamo i migranti sui barconi che attraversano il Mediterraneo per giungere in Europa. La frase che sentiamo dire è “perché non se ne stanno a casa loro”. Ma è proprio perché siamo andati a casa loro a derubarli delle materie prime che ora sono poveri e cercano di venir qui dove c’è una certa tranquillità sociale.
Il “Guai a voi” oggi è riferito a noi, alla nostra insensibilità per i problemi del mondo, al fatto che le nostre scelte economiche, politiche, sociali, sono un meccanismo di difesa affinché tenga lontani i malanni del mondo.
Interessante è poi l’ultima “maledizione “che descrive lo scopo di tante vite: cioè cercare il consenso di tutti su di noi, accentrare su di noi l’interesse degli altri per poter nutrire il nostro narcisismo. “Pur essendo di natura divina spogliò se stesso” non è forse questo il comportamento del vero cristiano secondo l’esempio di Gesù? O crediamo che gli esempi siano educativi o Gesù è salito sulla croce inutilmente.