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L’Angolo del Monaco – Natale del Signore

Dic 24, 2024 | L'angolo del Monaco

La frase di questa Natale è: “Ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù” (Lei lo dà alla luce, lui gli dà il nome: due nascite esistenziali).

Tutti i protagonisti di questa storia stanno subendo una volontà che non è la loro, sono personaggi di un dramma greco, dove il destino è già scritto, è già segnato, anzi di-segnato all’interno di un progetto universale. Solo l’ubbidienza, la sottomissione, l’accettazione di una voce che dice che cosa devono fare, che cosa dovevano dire, come dovevano comportarsi.

Prima abbiamo una giovinetta che accetta qualcosa che non conosce, che non capisce, un fatto che è troppo alto per poter essere compreso, ella accetta per fede. Comunque bella la definizione che ne dette il poeta a lei, ma anche a tutte le donne: “Femmine un giorno e poi madri per sempre…”.

Sì, anche se Maria non ha conosciuto, in senso biblico, Giuseppe, si avvia lungo una strada già segnata. Tante donne, nel corso dei secoli, l’hanno imitata, giocando il ruolo della femmina per il piacere (queste volte sì dell’uomo), per poi sobbarcarsi per l’intera vita il frutto di un incontro a volte dolce il più delle volte violento. È il destino della donna/madre che viene sublimato attraverso una letteratura, il più delle volte menzognera, perché scritta da mani maschili che giustificano un piacere passeggero.

Ma Maria cambia la condizione della donna, la eleva al ruolo del Creatore perché solo là ella può occupare il posto che le compete dal momento che ha pronunciato il suo “fiat”.

C’è poi Giuseppe, l’uomo non uomo, l’uomo ombra (ma che rifulge nella sua luce d’umiltà) nel disegno della salvezza, l’uomo che dice sì pur essendo tormentato dal dubbio che quella donna non sia per lui. Giuseppe il lavoratore che ogni citazione lo evoca distante nei primi anni, ombra silenziosa lungo il cammino verso Betlemme, presenza iconica nella grotta, per nulla considerato dagli altri personaggi che vi fanno visita, guardiano attento e difensore di quell’idea di salvezza, conduttore al pari dell’asino verso l’Egitto in fuga, padre preoccupato per lo smarrimento del figlio a Gerusalemme e infine figura evanescente che lentamente scivola via dal racconto, troppo vecchio per essere ai piedi della croce. La sua importanza sta proprio nel non essere in primo piano per far sì che l’autore della salvezza fosse ben distinto da chi doveva riceverla.

Infine Gesù, quel bambino venuto dal cielo, già consapevole del proprio destino, l’unico che conosca già tutta la sua vita, vista prima d’essere vissuta, ma determinato ad andare fino in fondo, pur conoscendone la fine tragica, per adempiere alla sua missione di salvare l’uomo.

Un bambino che ha l’ardire di rispondere male ai suoi genitori umanamente preoccupati quando lo trovano nel tempio, però poi è ubbidiente fino all’età di trent’anni. Quando giunge il tempo della sua peregrinazione, comincia il suo viaggio come pellegrino di senso, dapprima silenzioso, predicatore instancabile dopo.

Ogni suo gesto è una rivoluzione nell’immota società nella quale viveva, ogni suo gesto crea una tempesta sul lago di Tiberiade, ogni pena però cessa nel momento in cui scema la paura, perché la speranza si fa realtà.

Sì, ella darà alla luce un figlio, azione propria ed esclusiva di ogni donna; il padre imporrà il nome ricevuto, al figlio tocca l’ardua salita di un Calvario già pensato nella mangiatoia di Betlemme.

Il nostro Natale, oggi è un po’ più triste per le guerre che si combattono, per i morti che fanno, soprattutto bambini e donne indifese, per gli egoismi sfacciati di gente potente che annegano i poveri nelle acque del Mediterraneo.

Cerchiamo di renderlo luminoso con un piccolo gesto, una carezza, un dono (non di quelli commerciali) a chi non ha più speranza. Solo così il nostro Natale avrà il significato dei natali che vivevamo da bambini nella notte della nostra infanzia.

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