Le parole di questa domenica sono: “noi e loro”.
Forse troppa gente usa i pronomi a vanvera. Tutti sanno che i pronomi stanno al posto dei nomi e, appunto per questo, devono essere usati con cognizione di causa e non come esemplificazione di una lettura del mondo e della realtà superficiale.
Non ci si rende conto che essi esprimono una condizione esistenziale, filosofica e teologica di tutto rilievo. Entrano nella sociologia del mondo come portatori di categorie ben precise. Fin qui il mio limitato tentativo di teorizzarne l’importanza. Scendiamo ora sul piano pratico e concreto in modo da essere comprensibili.
Nel brano del Vangelo gli apostoli si lamentano perché ci sono alcuni che si comportano come Gesù e questi pronuncia la famosa frase: “Chi non è contro di noi è per noi” e qui l’estensore del testo è stato abilissimo, cosa che non si può dire di altri testi della stessa Chiesa, per non parlare del modo di pensare di un po’ di tutte le persone.
Infatti, quasi sempre, si nota come nelle frasi ci sia la contrapposizione tra noi e loro. Che è una contrapposizione, ribadisco sociologica, antropologica e teologica. Ogni volta che la usiamo commettiamo un peccato, non solo esistenziale, ma un vero e proprio peccato evangelico.
Gesù non vede o non vuole la contrapposizione già scritta, lui non si pone come altro nei confronti degli altri, ma si pone come parte integrante di quanti altri che racchiude nel panorama noi. Solo così si può innescare il processo di rivoluzione cristiana dove cessa la contrapposizione perché non c’è nulla che si contrapponga al qualcosa che siamo noi.
Il noi racchiude tutto e come tutto occupa ogni cosa, per cui il vero nemico che si può individuare non sta in un altro ego o in un nemico (c’era qualcuno che criminalmente diceva “molti nemici molto onore” non esiste l’onore nella contrapposizione, ma sconfitta per tutti), bensì sta dentro di noi.
Come dicevano tanti Santi il male non viene da fuori dell’uomo, nasce nell’uomo anche se l’uomo è stato creato ad immagine di Dio, e quindi non dovrebbe essere portatore di male, tuttavia essendo dotato di libero arbitrio può scegliere tra i due principi che sono all’interno del suo essere uomo, quindi diverso da Dio.
Nel simbolo dello yin e dello yang possiamo notare nello yin (parte nera) vi è un cerchietto bianco, così nello yang (parte bianca) vi è un cerchietto nero. Ecco così dentro al bene vi è un elemento di male (o che può trasformarsi in male), così come così dentro al male vi è una piccola parte di bene (o che può trasformarsi in bene).
L’intera esistenza di ciascun uomo è andare a completare l’intero cerchio per concludere positivamente la propria esistenza avendo combattuto per tutta la vita quei difetti, quelle parti oscure che a nessuno piacciono. Detto questo si vanificano i due pronomi di noi e loro perché inglobati in un’uguaglianza esistenziale. La vittoria di ciascuno sta proprio nel superare le difficoltà, portare la nostra croce al fine di risorgere nella chiarezza di un’esistenza unica di bene, dove ogni male viene annullato con la morte.