Le parole di questa domenica sono: profeta e patria.
Vediamo il primo termine. ‘Profeta’ è colui che “dice cose in avanti”, parla a nome di una divinità manifestandone il volere. In ogni religione sono presenti dei profeti. Ma quando parliamo del popolo ebraico, i profeti sono coloro che guidano il cuore storico del popolo e che lo redarguiscono se cerca di mutare strada, se non rispetta gli impegni assunti con l’Alleanza di Mosè.
Così il profeta rimprovera spesso i capi di Israele richiamandoli all’onestà morale, alla quale dovevano essere sottomessi. Per questo motivo tanti profeti furono perseguitati perché rifiutavano di mettersi al servizio degli interessi personali di chi deteneva il potere.
Ecco che il compito del profeta, quasi sempre, portava ad una morte precoce o almeno a persecuzioni. Anche Gesù non fece eccezione alla regola e la sua persecuzione e morte ne sono un esempio.
L’altra parola è “patria” che in teoria dovrebbe significare casa paterna, luogo conosciuto, sicuro, insieme di persone amiche e solidali. Però quando si chiedono a questi stessi amici sacrifici e rinunce, ecco che l’amicizia passa in second’ordine. Ne è un esempio la vicenda del Battista che, seguendo la sua dirittura morale, accusò Erode e la figliastra Salomè che non gli perdonarono la denuncia pubblica e che quindi venne decapitato.
Il Battista aveva tutto del profeta: sia la condizione di vita ascetica, le vesti, lo spregio dei beni materiali, sia l’umiltà di farsi da parte, sia la precognizione di essere solo uno strumento poco importante rispetto a colui di cui annunciava l’avvento.
Ritornando a Gesù, notiamo come Egli, con rammarico, dovette riconoscere che proprio là, dove pensava di avere più seguito perché tutti lo avevano visto crescere, lo conoscevano, là percepì la maggiore incredulità, là fu sminuito perché è chiaro che lui essendo figlio del falegname non poteva essere un profeta. Anzi ciò che diceva e faceva per loro era motivo di scandalo; pari al fatto che fosse un truffatore, un imbroglione, un millantatore.
La sua delusione non era tanto per il disconoscimento, quanto per il fatto che avrebbe voluto anche tra i suoi compiere quei ‘miracoli’ che elargiva negli altri villaggi.
Capita spesso a qualche genitore, che magari si trova ad aiutare gli altri, che non riesca ad aiutare i suoi parenti perché non ne riconoscono le stesse capacità, nemmeno di quella fiducia che invece sembra abbondare verso gli sconosciuti.
Questa sarà una delle profezie più terribili sul popolo di Israele e tema di alcune tra le più belle parabole. Dove gli invitati, dove i destinatari non accettano l’invito e anzi si ribellano contro. Il popolo di Israele, il popolo eletto, viene esautorato a scapito di tutti gli altri popoli della terra perché in loro c’è la fede, mentre in questo c’è il sospetto, anzi la gelosia e la decisione che è meglio che un uomo solo muoia al posto di un popolo.
La diaspora ebraica e le martoriate vicende di attualità continuano a confermare che il popolo eletto ha rifiutato la primizia e si è chiuso in un’attesa senza fine non di un messia di pace, ma di un capo di guerra e la guerra da sempre è stata l’unico pane di cui si sono cibati gli ebrei.
Chiediamo al Signore di toccare i nostri cuori e le nostre menti e di non indurirli come è toccato a loro.