La frase di questa domenica è: “La forza uscita da lui …”, potrebbe sembrare una battuta del film Star Wars (Che la forza sia con te). Con ciò non voglio banalizzare il testo evangelico, ma far capire come, nel linguaggio, il termine ‘forza’ abbia da sempre suscitato attenzioni.
‘Forza’ è l’energia dell’azione del muscolo che agisce nel corpo; essa è stata associata al termine vigore; nella meccanica newtoniana è ciò che regola le azioni dell’universo; è potenza di produrre materialmente determinati effetti; in senso concreto è stata usata per metonimia da Marx e definita come forza-lavoro, quindi capacità lavorativa umana che assume la forma di merce nei rapporti di produzione (questo è l’aspetto interessante perché un qualcosa di impalpabile viene venduto, cioè è equiparato a merce).
Oggi in base a quest’ultima definizione si sta riducendo ogni cosa a prezzo, ogni aspetto astratto a merce e venduto come un qualsiasi oggetto: abominevole, immorale, assurdo.
Tutta questa disamina sul termine forza’ per indicare che in quel frangente a Gesù venne “rubato” un qualcosa di concreto, che gli apparteneva e di cui si accorge che ha in sé una ‘diminuzione’ (immaginiamo due candele una accesa e una spenta: la candela spenta si avvicina e nel momento in cui la fiamma passa da una all’altra si nota come ambedue le fiamme diminuiscano impercettibilmente di grandezza e intensità, salvo poi ritornare splendenti come prima, con in più tutte e due accese senza che la prima abbia perso alcunché o sia diminuita).
Dall’altro abbiamo una donna (la visione maschilista della cultura ebraica la relega sempre ad un piano inferiore o impuro), ‘ladra’, che nella sua disperazione non va a chiedere un suo intervento diretto, fisico, ma pensa che possa bastarle toccare la sua veste per ottenere la guarigione del suo male.
Siamo di fronte ad una fede spicciola, dettata dalla disperazione che dopo averle provate tutte, si rivolge anche a quel rabbì, come ultima spiaggia. A questo pensiero Gesù però non fa caso, anzi esalta la fede di quella donna, non si preoccupa che Lui sia stato scelto per ultimo, ma si compiace di essere stato scelto.
Inoltre ci tiene all’onestà della donna. La situazione era alquanto paradossale. C’era intorno a lui una grande folla, dove tutti si spingevano, e i suoi discepoli gli facevano da cordone di contenimento per impedire venisse travolto da quella calca di persone. E, mentre era in quella situazione, si accorge di essere stato ‘toccato’ in un altro modo da qualcuno che era in quella ressa di gente. Perché quel tocco aveva un preciso scopo.
È su questa lettura che dobbiamo porre l’attenzione, perché è su di essa che si incentra appunto lo spirito del Vangelo.
C’è poi la resurrezione della figlia di Giairo che quasi passa in secondo piano. Ma anche lì c’è un ‘tocco’. Dopo averla preso per mano e fatta alzare, dice ai genitori di darle da mangiare.
Siamo immersi in una fisicità che ha in sé il sigillo della spiritualità più pura. Non sono necessari grandi ed eclatanti gesti, ma solo piccolissimi, appunto, ‘tocchi’ per veicolare quella forza che genera vita, che genera salute e salvezza.
Se ci ricordiamo la creazione di Adamo nella Cappella Sistina ecco che le due dita di Adamo e di Dio non si toccano, ma sono talmente vicine che si può percepire l’energia che travasa dall’uno all’altro.
Quando andiamo in chiesa cerchiamo di avvicinarci alla Madonna con lo stesso tocco delicato che usò l’emorroissa, non sono necessarie sceneggiate, ma è nell’umiltà del povero penitente che si rivela la grandezza della fede.